giovedì 8 luglio 2010

IL PIANO PAESAGGISTICO REGIONALE: UN’OPPORTUNITA’ O UN INTRALCIO ALLO SVILUPPO?



È partito ufficialmente il percorso avviato dalla Regione Sardegna, in piena coerenza con le sue strategie di concertazione, condivisione e con le promesse della campagna elettorale, che porterà a una nuova stesura del Piano Paesaggistico Regionale.

Per raggiungere questo traguardo, il presidente Ugo Cappellacci e l’assessore dell'Urbanistica Gabriele Asunis, hanno chiamato gli Enti Locali a unirsi in un’azione attiva e partecipata, al fine di pervenire a una revisione del Piano Paesaggistico che renda pienamente condivisi i suoi contenuti e li estenda all’intera Isola. “Condivisione, concertazione e compartecipazione ha sottolineato l’assessore Gabriele Asunis – sono questi i momenti chiave che l’assessorato dell’Urbanistica ha voluto privilegiare nell’iter che porterà, nel prossimo anno, alla stesura finale di un Piano Paesaggistico”. (fonte: ConfindustriaSardegna.it)

Ma facciamo un passo indietro, di qualche anno, quando la passata amministrazione regionale del Presidente Renato Soru aveva concepito un piano paesaggistico molto criticato (soprattutto dai comuni di Olbia e Arzachena, luoghi dove tradizionalmente si concentrano le mire degli immobiliaristi), ma al tempo stesso molto virtuoso, e di grande lungimiranza verso il futuro turistico della nostra isola.

La strategia politica del Presidente Soru aveva un semplice principio: il paesaggio incontaminato della Sardegna è di per sé un valore unico e per questo competitivo, nell’ottica di un posizionamento della Regione sul mercato turistico globale. L’aspirazione non era quella di competere con il mercato dei villaggi turistici, ma di porsi come alternativa a quel mercato. Da quest’idea ne consegue un modello di turismo (e più in generale un modello di sviluppo economico) che puntava sulla tutela del paesaggio incontaminato della costa e sulla crescita – anche edilizia – dei paesi: perché costruire un albergo su una area costiera libera, quando lo si può costruire nel vicino centro urbano con ricadute sull’economia del centro stesso? Perché, come ha detto Soru, “rendere fantasmi i villaggi vivi per realizzare dei villaggi fantasma sulla costa”? (fonte: Unione Sarda). Inoltre l’attuale, ancora per poco, Piano Paesaggistico stabiliva un rapporto chiaro tra autonomie locali e governi regionale e nazionale. La tutela del paesaggio spetta alla Regione, che su questa base approva un piano di coordinamento che sia valido in tutto il territorio, resistendo alle spinte localistiche e puntando a garantire il bene comune.

La Sardegna è un’isola che ha trovato la sua vocazione e la sua principale fonte economica nel turismo. Ma questo non significa solamente spiagge libere e incontaminate. Turismo significa anche alberghi a 5 stelle, concessioni demaniali sull’utilizzo dei litorali, porti con enormi yacht attraccati. E ancora, bed&breakfast, agriturismi, campeggi. Nell’isola convivono storicamente luoghi lussuosi con altri frequentati da meno abbienti, e non rappresentano un ostacolo allo sviluppo e alla crescita del territorio, perché i vacanzieri nell’isola sono tanti, diversi, e provenienti dai più disparati seti sociali. Deturpare le coste, patrimonio ricco quanto delicato, con strutture enormi quanto a volte brutte da vedere, o sventrare le colline per costruire serie su serie di villette a schiera, non è certamente un modello di sviluppo sostenibile. Il mare è la risorsa che attrae i nostri turisti, se questo venisse cementificato senza regole e senza controlli, cosa potremo lasciare in eredità alle future generazioni? La Regione Sardegna dovrebbe puntare sul potenziamento dei servizi, migliorare la viabilità stradale, sviluppare nuove e convenienti tratte per i collegamenti via mare e via terra, come ha ben fatto l’On. Pili con la proposta di estendere la continuità territoriale a tutti i cittadini europei.

Turismo non è “vendere la terra”, come fecero i pastori della Costa Smeralda che ridacchiando, cedettero per poche lire le loro proprietà all’Aga Khan; turismo non è costruire villaggi fantasma, che vivono per qualche stagione e poi spariscono, senza lasciare nulla all’economia dei luoghi. Ma soprattutto turismo non è sinonimo di attività edilizia. Immaginate una regione ad economia diversificata, una regione in cui storie, tradizioni e culture locali siano adeguatamente valorizzate; una Regione che riconosca il paesaggio incontaminato come il suo valore per competere su scala globale. Da qui, dunque l’importanza strategica che il nuovo Piano Paesaggistico ricoprirà per la Regione, e la speranza che una visione lungimirante prevalga sugli interessi di una “cricca”: dovrà costruire un modello di turismo che sia anche modello di sviluppo economico, grazie alla tutela del valore più importante, l’ambiente.

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