mercoledì 19 maggio 2010

Lavoro, lavoro, lavoro!



In Sardegna, in un anno, 20 mila persone hanno perso il proprio posto di lavoro.

Gli occupati in maniera regolare, a tempo indeterminato o con contratti a progetto, ammontano nel 3° trimestre del 2009 a poco più di 598 mila, mentre i disoccupati raggiungono circa le 87 mila unità (fonte: Istat). Nel 3° trimestre del 2008 gli occupati erano poco più di 619 mila e i disoccupati 74 mila: in un anno abbiamo quindi fatto un deciso passo indietro. Lo stesso Piano Casa, che sarebbe dovuto servire come motore della ripresa, fatica a decollare. Secondo i dati forniti dalla Cna Costruzioni, la produzione nell'edilizia ha subito un crollo del 10%, e la crisi durerà anche nel 2010, con un ulteriore calo del 4%. Nell’anno trascorso sono crollati gli interventi nelle infrastrutture (-14%), gli investimenti in nuove abitazioni (-20%), le manutenzioni ordinarie (-6,3%). I bandi di gara (fonte: Cna Costruzioni) hanno subito una frenata rispetto al passato: -16% come numero, -40% per valore. Le azioni messe in campo finora non sono state all'altezza, e troppi progetti sono bloccati. Dal cosiddetto Piano Casa non arriverà alcun beneficio, perché non è stato concepito come un piano operativo, ma più che altro come strumento ideologico per rendere vano il Piano Paesaggistico Regionale‎.

Ma la crisi non ha colpito solo le imprese che operano nel settore edile. Questa ha colpito tanti comparti, e qualcuno in maniera più significativa. Tra luglio e settembre del 2009 in agricoltura ci sono stati 9 mila occupati in meno rispetto allo stesso periodo del 2008, 7 mila dei quali lavoravano per proprio conto (lavoratori indipendenti).


Nell’industria i posti persi sono stati 5 mila. Anche i servizi non vengono risparmiati dalla crisi: 7 mila persone hanno perso il lavoro. La perdita di questi posti riguarda però tutti i servizi tranne il commercio, che invece incrementa il numero di occupati di 8,5 mila unità (tutti lavoratori indipendenti) (fonte: Istat).

La crisi stessa ha indotto molte imprese sarde a fare ampio utilizzo degli ammortizzatori sociali (cassa integrazione, mobilità, pensionamenti anticipati), attingendo dalle casse dell’erario i finanziamenti. Questi sono serviti per tenere sotto controllo una situazione che altrimenti sarebbe uscita di mano. Gli inoccupati (individui che non cercano occupazione, pensionati, minori di 15 anni) sono aumentati di circa 18 unità mila in tre mesi, passando da 959.000 a 977.000 dal secondo al terzo trimestre 2009 (fonte: Istat).

Gli inoccupati, o le “non forze di lavoro” come li definisce l’Istat, sono saliti a quasi 300mila per gli ultra 64enni. I minori di 15 anni, che non svolgono nessuna attività, sono 206 mila e rappresentano una speranza per il futuro; mentre quelli che non cercano una professione e al tempo stesso non sono disponibili a lavorare sono quasi 330 mila individui. Un’enormità. Senza parlare poi di chi cerca lavoro senza continuità, di chi cerca lavoro ma non è disponibile a svolgerlo, di chi non cerca un incarico ma lo vorrebbe. Oggi il lavoro è considerato un bene di lusso, soprattutto in un periodo di crisi dove aleggia la paura del fallimento e del licenziamento. Non tutti possono permetterselo, c’è addirittura chi paga per ottenerlo, chi invece emigra, chi vorrebbe essere più produttivo e chi non si sente adeguato per le mansioni che offre il mercato. Sempre più persone infatti, e non solo giovani, si sentono inadatti a svolgere certi tipi di mansione. Non è una questione di impreparazione o incompetenza, anzi, spesso accade proprio il contrario: i lavori manuali vengono snobbati, perché si teme di doversi rimboccare le maniche per compiti troppo umili o che non siano abbastanza remunerativi. Molte competenze legate al mondo rurale ed artigianale si stanno perdendo: i calzolai, i maniscalchi o i maestri coltellinai, sono mestieri oltre che molto creativi, anche remunerativi. Eppure sempre meno persone scelgono una di queste strade. Occorre sempre tener presente che tutti i lavori sono importanti, e hanno la stessa dignità davanti alla società: ognuno di noi contribuisce ad alimentare un sistema di sinergie umane che altrimenti non funzionerebbe. Spesso invece si preferisce aspettare anche tutta una vita l’occasione giusta pur di ottenere il posto fisso, magari in un ufficio pubblico.

In questo panorama scoraggiante esistono due note positive. La prima è il tasso di occupazione per età. Tra i 25 ed i 54 anni lavorano in media circa il 66% degli individui. E’ questa l’età della vita in cui le famiglie nascono, crescono e si sostengono, e senza la certezza di un lavoro tutto ciò non potrebbe accadere. La famiglia è il grande motore della nostra economia, che spende ciò che possiede per il proprio benessere. La seconda buona notizia viene dal tasso di disoccupazione per titolo di studio. Calano i laureati disoccupati, fermandosi al 5,4%. Più difficile invece la vita per chi si è fermato al secondo o al terzo anno delle Scuole Superiori, perché il 16,6% di questi non riesce a trovar lavoro.